Voyeurismo geologico
Vi è una particolare forma di masochismo, assai diffusa tra coloro che si dedicano all'arte della pedalata da gambe d'acciaio, che consiste nell'infliggersi fatiche indicibili sotto lo sguardo impassibile delle montagne.
La Valle Roveto, situata nella provincia dell'Aquila, e attraversata dal fiume Liri, ci offre in tal senso un teatro perfetto per questa singolare forma di autolesionismo che definisco "panoramico".
L'intera scena di questa rappresentazione perenne è anche la porta d'accesso dal Lazio alla Marsica abruzzese.
Qui gli appassionati di ciclismo trovano il loro calvario ideale. "Ideale", naturalmente, nel senso in cui la tortura è ideale per il masochista.
Il Pizzo Deta, con i suoi 2.041 metri di altitudine, rappresenta la seconda cima più alta della catena dei Monti Ernici e si distingue per una particolarità che dovrebbe far riflettere chiunque possegga ancora un briciolo di senso dell'ironia: il suo profilo roccioso e appuntito ricorda la forma di un dito, da cui deriva il nome "Deta" nel dialetto locale.
Un dito, dunque, che punta: ma verso chi o cosa?
La verità è che un notevole salto altimetrico – circa 1.690 metri distribuiti su una distanza lineare di soli 3,5 chilometri dalle rive del fiume Liri – lo rende una delle montagne più spettacolari dell'Appennino centrale. Spettacolare nel senso più teatrale del termine: uno spettacolo in cui noi figuriamo come comparse ansimanti.
Ma torniamo al Grande Dito: il Pizzo Deta è coronato da una madonnina rivolta verso il Vaticano, un dettaglio che aggiunge una dimensione teologica al voyeurismo geologico. Siamo osservati da una montagna benedetta.
Così, mentre i magnifici monti e i numerosi sentieri che portano agli eremi sono ideali per escursioni a piedi, noi continuiamo le nostre scorribande in mountain-bike sotto quello sguardo che tutto vede, tutto giudica e probabilmente tutto assolve.
La Valle Roveto, dunque, ci insegna che non siamo noi a osservare il paesaggio, ma è il paesaggio che osserva noi con pazienza infinita.
E il Pizzo Deta, proprio con la sua forma di dito puntato verso il cielo, sta lì a ricordarci che ogni nostra pedalata è, in fondo, un piccolo atto di devozione verso l'indifferenza suprema della natura.
Morale della favola: se dovete proprio pedalare, almeno fatelo sotto lo sguardo vigile di una montagna dotata di un po' di senso dell'ironia.